Adelante con juicio

C’era una volta l’auto: tra slow motion e post digitale.  

Senza un network viario e infrastrutturale la mobilità elettrica e a guida autonoma restano opzioni sperimentali sotto utilizzate o un lusso per pochi. In un’ottica di sviluppo sostenibile anche il concetto di ‘automobile’ va rielaborato per soddisfare nuove, diversificate esigenze.

È provocatorio, perché mirato al cuore del problema e perché aggiorna il principio fondativo del design “la forma segue la funzione”, il punto di vista di Walter De Silva, Compasso d’Oro alla carriera nel 2011 per il lavoro condotto come responsabile del design di Alfa Romeo e del Gruppo Volkswagen. Il progettista è stato ospite d’onore della tavola rotonda “Il futuro dell’auto: tra design, tecnologie e mobilità sostenibile”, che si è svolta il 27 ottobre 2020 su piattaforma virtuale e in diretta streaming. Organizzato da ADI (Associazione per il Disegno Industriale) e dall’Associazione Culturale La Semina, organismo di promozione sociale con sede nel Lecchese, l'incontro ha posto il tema della mobilità come network a partire da una realtà territoriale importante in ambito automotive per la presenza di produttori di componentistica così come di costruttori di stampi; con centri d’eccellenza come la sede del CNR e l’istituto scientifico per la medicina per la riabilitazione Medea e, ancora, caratterizzata da una complessità geografica e urbanistica (attrazioni turistiche naturali, borghi antichi). Un habitat ideale per nuovi concetti di mobilità pubblica e privata che soddisfino esigenze emergenti rinnovando anche il ruolo, storico, dell’industria dell’auto come driver d’innovazione.

 Post digitale

“Il disegno industriale è un’attività progettuale che consiste nel determinare le proprietà formali degli oggetti prodotti industrialmente. Per ‘proprietà formali’ non si deve intendere solo le caratteristiche, ma soprattutto le relazioni funzionali e strutturali che fanno di un oggetto un’unità coerente dal punto di vista del produttore e dell’utente”. La definizione di Tomas Maldonado del 1961 scelta da Walter De Silva per introdurre il suo intervento individua nell’utilizzatore il motore progettuale per oggetti “validi, belli o poetici”, in grado di creare una relazione appassionata e durevole, e di non diventare mai desueti. “La nostra è un’era post-digitale. Le nuove tecnologie – osserva De Silva, oggi a capo dello studio Conceptdesign - non modificano la natura relazionale del design: la arricchiscono sul versante della funzionalità, mentre il coinvolgimento emozionale è e resta analogico, è l’esperienza di un oggetto vissuta attraverso tutti i nostri sensi. Strumenti quali la realtà aumentata, per esempio, possono aiutarci a creare un rapporto più etico con il nostro corpo e le nostre azioni, sono utili nel superare i limiti della disabilità come sta accadendo in modo brillante nel mondo dell’ingegneria biomedicale. In tema di mobilità, la digitalizzazione permette la connessione in un network che ‘aggancia’ i veicoli ottimizzando la viabilità e che tiene conto delle diverse esigenze di mezzi di trasporto e della situazione urbanistica.

Abbiamo perso una splendida occasione per creare un sistema nuovo, che sarebbe stato il primo in Europa, nella ricostruzione del ponte Morandi a Genova. La complessità di una città attraversata da due direttrici di traffico, verso la Francia e verso l’Italia, con un porto, un aeroporto, un centro città richiede un viadotto che funzioni come un nastro di trasporto intelligente, interconnesso con il veicolo in transito, che monitori il traffico in relazione alle diverse destinazioni e dedichi a mezzi differenti per ingombro, peso, velocità, ecc. corsie separate. Nel prossimo decennio l’autonomous driving system sarà sempre più sviluppato e necessita dell’integrazione di due concetti oggi appartenenti a due modi del tutto distinti: il ponte, cioè il manufatto, e l’utilizzo, cioè il trasporto. L’auto a guida autonoma esiste da sei - sette anni, con tecnologie preziose come il controllo di corsia, i sistemi di navigazione, il radar… tuttavia, con le attuali tipologie delle strade, le normative e il codice stradale vigenti l’imprevisto è così alto che non possiamo che realizzare una guida semi-automatica: il mezzo c’è già, si tratta di creare il network”.

 L’autonoma e lo slow motion

“L’auto a guida autonoma non ha senso come bene di lusso: - prosegue De Silva - chi può permettersi una vettura di lusso ha anche un autista, che si occupa di tutte le operazioni ripetitive gestite dai sistemi digitali. Serve invece a un individuo che porta i figli a scuola e a casa e poi dice alla sua auto parcheggiati da sola, caricati da sola, lavati da sola, utilizzandola per brevi percorsi predefiniti a velocità moderata o per tragitti frequentemente ripetuti e molto tracciabili, per esempio da casa propria all’aeroporto. Oppure in autostrada, sui lunghi tragitti in cui il veicolo può agganciarsi, come un mezzo ferroviario, a un sistema di controllo dove la velocità è costante: giunti in prossimità del centro abitato si converte la modalità di guida in semiautomatica. Dal punto di vista della sostenibilità queste scelte rappresenterebbero un grande passo avanti perché con qualsiasi tipo di propulsione la costanza di movimento a velocità media-bassa si traduce in risparmio energetico e in controllo delle emissioni, specialmente in città: a Monaco di Baviera i limiti di velocità sono di 30 km/h e del resto la velocità media di circolazione a Milano è di 12 km/h, a Città del Messico non supera i 6-7 km/h”.

 Small, medium, large… e spassionatamente ‘superflua’

“L’automobile è stata uno strumento di democratizzazione sia per la facilità d’uso sia per la libertà di movimento, resa accessibile da modelli come la Mini, la Cinquecento, il Maggiolino Volkswagen, la Citroën 2CV. L’errore del mondo automotive di oggi è inseguire il marketing, proponendo ciò che in questo momento vende, senza una visione a lungo termine: veicoli come i SUV, per esempio, che pesano in media 2700 kg e richiedono una batteria elettrica di 700 kg per spostare una persona di 70 kg o al massimo due persone per 140 kg complessivi, sono insostenibili. Guardando al futuro è necessario partire da considerazioni prima funzionali che formali: la quantità e il tipo di energia che voglio utilizzare - elettrica, ibrida, fuel cell e persino termica - deve essere direttamente proporzionale alla tipologia d’uso e di percorso. Un’auto come Ami di Citroën è, giustamente, elettrica, perché la maggiore concentrazione di CO2 è presente nei centri urbani. La city car deve muoversi a bassa velocità ed essere dotata di ottimi sistemi di sicurezza, comunque rapportati al possibile impatto e progettati per non incrementarne il peso, magari usando airbag esterni come quelli che abbiamo inventato per sciatori e motociclisti. Gli spostamenti tra città limitrofe, per esempio da Milano a centri come Lecco, Varese, Como, ecc., suggeriscono una tipologia con autonomia di percorrenza e abitabilità interna maggiori, in dimensioni comunque contenute, in cui alla propulsione full electric si potrebbero sposare dei plug-in ibridi. Per distanze superiori le auto saranno a guida automatica e semiautomatica, connesse a sistemi di navigazione nelle tratte meglio tracciabili.

Questi veicoli funzionali - conclude Walter De Silva - non si chiameranno più nemmeno automobili: non soddisferanno la componente emozionale che esprime in larga parte l’essenza dell’auto, che tuttavia non sparirà, ma potrebbe essere soddisfatta guidando la propria vettura nel tempo libero, su un circuito: un’esperienza certo non accessibile a tutti, ludica e di puro piacere, non dissimile da ciò che proviamo usando oggetti ‘superflui’ come un abito o un elemento d’arredo”.    A. F.


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 Walter De Silva ha guidato dal 2007 in poi il Centro Stile Volkswagen Group, supervisionando il design di Audi, Lamborghini, Bentley, Bugatti, Volkswagen, Seat, Škoda, Porsche.

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L’eleganza sportiva di Audi A5 Coupè. “Mettendo al primo posto un design solido e riconoscibile Volkswagen ha venduto, nel 2015-2016, 15 milioni di veicoli” spiega De Silva.


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La viabilità cittadina è in slow motion e può correre su infrastrutture preesistenti come i binari del tram: in città come Milano è la modalità più rapida ed efficace in termini di distanziamento sociale.

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La velocità massima consentita in città non dovrebbe superare i 30 km/h, con vetture elettriche, ridotte al minimo negli ingombri: un progetto di Walter de Silva.

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Per le diverse tipologie d'uso si può definire una vettura con propulsione e sistemi di sicurezza ad hoc: una city car non può che essere elettrica, come AMI di Citroën.


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Per spostamenti da città a città le auto possono usare la guida automatica su percorsi connessi e passare alla modalità semiautomatica vicino al centro urbano. Porsche Taycan.

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Cosa resta dell’auto quando diverrà un ‘vettore’ di mobilità? Un momento ludico di cui godere sulla pista di un circuito. Audi A5 Sportback, altro modello firmato da De Silva.